YOGA …PER CORRERE:
(da rivista Correre – Ottobre 2009 – pagg. 94-97)
Estrapolare le conoscenze dalla pratica yogica su un materassino di due metri per uno, per trasferirle su un percorso asfaltato di 42 chilometri e poi su quello sconnesso di montagna di 50, 60 70 o 100 chilometri, tra radici affioranti, neve, rocce scivolose, fango, al buio… non è stato da pazzi, ma pazzescamente utile a me come yogini covertita in runner, come pure a tanti runner: alla sede dei mitici Road Runners, organizzatori della Maratona di New York, le classi di yoga sono parte dell’allenamento già dagli anni ’80; dal Canada, una podista ‘pentita’ come Christine Felstead sta diffondendo con grande successo un programma di yoga per la corsa e; il sito americano di Runners’ World ha da poco aperto una sezione dedicata di “Yoga for Runners”.www.yogaforrunners.com nel settembre 2007 a Milano si è tenuto il primo stage di Yoga for Runners organizzato e condotto da me , con l’intervento di Christine Felstead, invitata per l’occasione. Ne è scaturito un momento di confronto fruttuoso tra una yogini
Sarà che piccoli trucchi come i principi anatomici delle posizioni o la consapevolezza nel movimento come sequenza di posizioni, aiutano a prevenire gli infortuni e a correre più a lungo in massima efficienza? Molti sanno che la parola diventata magica è una parola sanscrita (YUG) che riunisce due significati: UNIONE (quindi suggerisce il suo primo intento, l’EQUILIBRIO tra gli opposti) e GIOGO (discipina). Pochi sanno che è il frutto di un’esperienza millenaria, un sapere strutturato, una pratica di allenamento paragonabile alle tabelle, tramandato come il curry, con cautela e direttamente di mano in mano, da maestro e dicepolo, destinato al corpo di soldati più importante per i confini dell’enorme mondo indiano, che doveva resistere vigile a lungo, in solitudine e con il minimo dispendio di energie, alle altitudini inebrianti delle catene montuose più alte del mondo. Già questo primo intento di praticare posizioni che aumentano la CAPACITA’ di RESISTENZA (la “resilienza”www.pietrotrabucchi.it
Pietro Trabucchi e Tite Togni, “Meditate gente, meditate” in Spirito Trail , numero 5, giugno 2009 ) nello stress prolungato, che le prime incisioni risalenti a più di 2000 anni fa raffigurano con posizioni sedute a gambe incrociate, potrebbe bastare per avvicinare allo yoga il runner più accanito. In fondo, la pratica ascetica è una pratica di resistenza, come lo è quella della corsa prolungata: in tutti i casi occorre un corpo forte, torace e bacino aperti e tanta capacità di concentrazione. Lo yoga per la corsa è una pratica mirata per correre in massima efficienza , prevenendo gli infortuni.
ISTRUZIONI PER L’USO
-“Poche ma buone”.Sulle scorta dell’insegnamento di casa Iyengar, per cui i primi tre anni ci si dovrebbe limitare a non più di 7 posizioni, ne indicherò pochissime, in modo da poter essere facilmente memorizzate ed eseguite da un neofita dello yoga quale è un runner, privilegiando la sensazione che la postura dà, rispetto alla performance. per tutte le posizioni il riferimento è B.K.S.Iyengar, Teoria e pratica dello yoga, Mediterranee, nuova ediz. 2006
– “Piuttosto che niente, piuttosto”: anche solo per pochi minuti, ma sempre, prima e dopo la corsa, così come ci si lava i denti prima e dopo tutti i pasti. Tra l’allungare il corpo ogni tanto, mentre si accorcia ad ogni corsa, e l’aprirlo e ri-allugarlo ad ogni sessione, la differenza è enorme, sia nella sensazione di benessere generale, sia nei centimetri di colonna vertebrale in più o in meno, a lungo termine. La durata della pratica, quindi, è riferita anche a pochi minuti, a pochi respiri per ogni posizione, eseguita anche da soli.
– “L’elastico serve per essere allungato, non per essere spostato e per questo occorre tirarlo da due parti opposte contemporaneamente”: è la raccomandazione della mia insegnante (laureata in fisica) e, considerato il nostro corpo come tale e non solo come una macchina da guerra, è il principio dell’azione di ogni postura. E’ utilissimo per leggere qualsiasi posizione ci accingiamo a praticare, per sentire che laddove agisce per allungare da una parte, con il peso o con la trazione di un arto, dall’altra dobbiamo “resistere”, usando la potenza, sì proprio quella dei muscoli, per non spostarci per intero e vanificare l’azione, il senso della posizione. Corollario di questo principio è che abbiamo 3 alleati per allungare la parte più sacra del corpo (la colonna vertebrale): gli arti superiori, gli arti inferiori e la forza di gravità che possiamo respingere nelle posizioni in piedi o sulle mani, o a cui possiamo abbandonarci nelle posizioni supine, dagli archi passivi sui cuscini alla posizione di rilassamento profondo, Savasana.
– Le posizioni nello yoga si raggruppano a seconda delle azioni e dei loro effetti psico-fisici: in piedi (potenziano gli arti e l’equilibrio, preliminari per potere agire sulla colonna vertebrale); in avanti (rilassanti per il sistema nervoso), invertite(rigeneranti), indietro (energetiche), sdraiate (rilassanti). Infine le torsioni sono ineguagliabili strumenti di mobilizzazione massima della colonna vertebrale, terapeutiche, ludiche e sorprendenti accessi a visuali a 360°, non solo per gli occhi, ma anche per la mente.
-“Al muro!” l’allineamento è l’immagine conduttrice, seguendo quello che è ancora un grande insegnamento di B.K.S. Iyengar: “Il muro è il mio più grande maestro”. Ecco un maestro sempre disponibile. L’importante è sapere come usarlo.
-“REPETITA JUVANT”: è la parte più difficile psicologicamente, ma la più remunerativa di tutta la pratica.
– Le posizioni di “riposo” non sono solo quelle di relax , ma anche quelle dove il riposo è solo della testa e della spina dorsale, quindi una posizione capovolta con la testa appoggiata, seppur con le gambe tese, è considerata di recupero comunque.
-“Tutto è TADASANA” : immaginare che tutte le posizioni dello yoga siano un grande gioco per metterci alla prova nel rimanere presenti e nella postura centrata e allineata ed allungata, vale nello yoga ma anche nella corsa.
Correre fa miracoli, sul corpo e sulla mente, anche per gli altri sport. Tuttavia è certo che NON fa sentire più lunghi, flessibili o sciolti, specialmente dopo un carico di decine di chilometri. Poche, precise posizioni yoga offrono un grande rimedio e sono un vero investimento per prevenire i classici infortuni da sovraccarico. Accrescendo il flusso di sangue ossigenato ai muscoli, tendini e e legamenti, lo yoga accresce la flessibilità, riduce la tensione e accelera il recupero. Uno studio dell’università del Wisconsin dimostra che una pratica di yoga tri-settimanale per otto settimane migliora la flessibilità del 13%, che non è poco, specialmente se lo si traduce al contrario: a quanta flessibilità perde in poco tempo un podista regolare.
Le posizioni POST-CORSA qui proposte rispondono agli stessi requisiti delle “Avvertenze”della 1a parte (vedi numero precedente di Correre) : sono scelte per ri-allungare i muscoli accorciati dalla corsa (quadricipiti, ma non solo) e rilassare quelli sottoposti a tensione nella corsa (i muscoli posteriori e quelli della colonna vertebrale), migliorando l’ampiezza del movimento e la forza così da mantenere sani muscoli e articolazioni. Come bonus, non da poco, queste posizioni, per lo più supine o invertite, rilassano tutto il corpo e la mente, riportando equilibrio tra azione e staticità e ripristinano la concentrazione.
Più si progredisce nella performance fisica, più se ne riscoprono le radici mentali e filosofiche, e le tecniche orientali scalano l’audience.
Se la montagna non va a Maometto…: Pur comparendo nei testi religiosi antichi indiani, risalenti al 1900a.C., lo yoga comincia a essere trattato scientificamente per iscritto negli Yoga Sutra di Patanjali, in cui compare il manifesto dello yoga: “Yoga citta vrtti niroda – lo yoga è la cessazione delle modificazioni della mente”.
In occidente lo yoga ha poco più di un secolo. Lo si deve all’arrivo di due discepoli di un grande maestro di Mysore, T. Krishnamacharya, Pattabhi Jois che diffuse l’Ashtanga Yoga, e B.K.S Iyengar, che prese una direzione meno ginnica e diffuse un suo metodo più incentrato sull’allineamento. L’occidente aveva riconosciuto definitivamente l’indissolubilità di mente e corpo. Pietro Trabucchi e Tite Togni, “Mente e Yoga”, Spirito Trail, giugno 2009, p.49-51 “Lo yoga è uno specchio per guardarsi dentro” (B.K.S.Iyengar). Oltre al sudore inaspettato, la filosofia della CONSAPEVOLEZZA è ciò che differenzia lo yoga dallo stretching. Quando si applica la filosofia olistica alla corsa, cessa di essere uno sport e diventa una “pratica”, come quella yogica. Cambia il modo di correre: anziché arrivare al traguardo a tutti i costi o con aspettative spesso sproporzionate (e inevitabilmente tradite incontrando “muri” quà e là), la sinergia corpo-mente allenata con lo yoga permette di migliorare la forma nello sforzo, risparmiare energie e coltivare la positività nel gioco mentale, in modo da terminare ancora forti, perché presenti. Si suda, e tanto, perché lo yoga non è solo allungamento, né solo respiro, né solo potenziamento, ma tutte queste cose insieme.
L’Hatha Yoga permette di accedere all’universale che è in noi, al senso di equilibrio, attraverso il corpo: anziché essere qualcosa da trascendere, il corpo è il veicolo primario della propria realizzazione. La disciplina del corpo come chiave di accesso per migliorarsi è ciò che accomuna l’antico al moderno, lo yoga allo sport come disciplina e allenamento come metodo di conoscenza.
Il metodo è una disciplina composta da 8 rami (ash-tanga, otto rami), che riflettono un percorso di interiorizzazione, validissimo anche (e soprattutto) per chi corre.
I primi sono principi etici comuni a tutte le religioni e a tutte le forme di convivenza (anche nella corsa!): il primo è la non-violenza su di sé prima che sugli altri (leggi: no doping), l’ultimo è l’arrendersi al divino (leggi: confrontarsi in gare con fiducia).
-Seguono gli ASANA. (posizioni)sono ciò per cui lo yoga è popolare in occidente e una selezione dei quali è offerta, qui di seguito, per la corsa. La pratica di posizioni apparentemente statiche, che stupiscono i migliori runner per l’impegno muscolare che sottendono.
-PRANAYAMA Prana significa forza vitale, energia, veicolata innanzitutto nel respiro. Yama significa contenimento, ma anche allungamento, per cui Pranayama è il controllo dell’energia tramite il respiro. Di recente in ambiente sportivo la preoccupazione di respirare correttamente è fonte di… affanno, ma nello yoga non ci sono né alchimie, né scorciatoie.
Nessuna alchimia: perché Pranayama è l’ambito dello yoga che allena alla consapevolezza del respiro. E’ il semplice osservare il respiro.
Nessuna scorciatoia: la pratica degli asana vengono prima del Pranayama, perché prima di attuare il controllo del respiro il corpo dev’essere messo nella migliore delle condizioni per respirare e quindi dev’essere aperto, allungato e riscaldato, affinché l’energia scorra senza ostacoli. Di conseguenza il Pranayama è un lavoro consapevole sul respiro, quando questo è già reso completo e uniforme nel suo flusso tra l’addome, torace e clavicole.vedi i “Requisiti di efficienza” in B.K.S:Iyengar, Teoria e pratica del Pranayama ,Mediterranee, 1981, pag.86-7. La corsa irrigidisce non solo le gambe, ma anche il torace e le spalle che tendono a chiudersi in avanti. Come le posizioni sono una continua sfida per ricordarci di rimanere estesi in Tadasana (alti come una montagna), nonostante lo sforzo, così le tecniche che allungano il respiro riportano alla calma, laddove ci fosse concitazione e realizzano un’efficiente resistenza allo sforzo, la resilienza.www.pietrotrabucchi.it
Pietro Trabucchi e Tite Togni, “Meditate gente, meditate” in Spirito Trail , numero 5, giugno 2009
– Infine i tre stadi che potrebbero sembrare troppo mistici per un runner: la ritrazione dai sensi, la concentrazione su un punto e la meditazione. Ma chi ha cominciato a sentire il lavoro e il sudore delle posizioni statiche e gli effetti sul corpo e sulla mente, avverte il dialogo tra mente e corpo come in un team. In una parola, si medita. E non è poco, sia perché si padroneggia uno strumento prezioso per correre in economia e in salute. E’ un’arte i cui strumenti base andrebbero dati a tutti, perché l’alternativa non è l’assenza di pensieri, ma il nostro travolgimento da parte loro, prima o poi.
BKS Iyengar, Iyengar, la vita e l’opera , Mediterranee, 1992, “L’arte del rilassamento”, p.95.
Jon Kabat-Zinn,Dovunque tu vada ci sei già, TEA, 1999-2009; Chi corre sa che è l’attività ideale per meditare, ma il percorso yogico permette di fare di più e meglio: meditare “sulla” corsa. Applicando la consapevolezza su ogni punto del corpo si prevengono le tensioni, concentrandosi sul respiro lo si rilassa e così tanta energia (Prana) viene risparmiata, si prevengono tanti infortuni da disattenzione, e la sensazione generale di benessere si accompagna addirittura ad un abbassamento del battito. Sakyong Mypham Rinpoche, monaco buddista neo-maratoneta, insiste sul potere della “running meditation”. Con la meditazione mirata, la corsa diventa un’esperienza di SAMADHI, l’ultimo degli otto rami dello yoga, l’unione della propria attività con l’ambiente, con l’energia intorno. E’ quella sensazione di benessere nello sforzo che tutti abbiamo provato almeno un istante, inaspettato, dopo tanti allenamenti e sacrifici, e che può essere fissato con lo yoga, come memoria utile per far fronte agli sforzi, allo stress.